"«Di chi? Di chi ti sei innamorato, Ayku?»
«Dirtelo non cambierebbe le cose».
«Ayku, dimmelo. Dannazione!»
Lui si voltò verso di me e vidi stringhe di rugiada colargli giù dagli occhi. Piangeva. Lui, lo Jupfer. Lo spirito immortale, piangeva.
«Di te. Di te, Grace!»
Urlò e il mare ci inondò con una terza onda. Fu l’acqua a unirci in un abbraccio di sale.
Svanimmo.
Ci toccammo con un’ansia furiosa. Le nostre mani sembravano farfalle inquiete che non sapevano dove posarsi.
Ayku mi afferrò il viso fra le mani e fece scivolare sulla mia guancia, una lenta carezza.
Gemetti, per il piacere di quel tocco, per la felicità senza misura che mi pervase. Avrei potuto morire per la gioia. Non sentivo più il cuore, tanto frenetici erano i battiti. Nel petto avevo il ronzio di un calabrone.
Anch’io lo sfiorai. Gli posai un dito sulle labbra carnose.
Non dicemmo nulla. Non era necessario.
La sua mano scivolò lungo il dorso della mia schiena e io mi inarcai come una gatta che fa le fusa.
Mi attirò a sé, mentre bagliori azzurri si riflettevano nei suoi occhi.
Avevo desiderato di baciarlo fin da quando lo avevo visto emergere dalla pietra.
Con le dita percorse il profilo della mia mascella fino al collo e l’attesa di quel bacio mi sembrò quasi dolorosa.
Perché indugiava? Me lo chiedevo mentre la mia mano affondava nei suoi ricci neri, scolpendo forme di un piacere tattile che non avevo mai provato prima.
Mi fissò negli occhi e naufragai nelle acque glauche dei suoi.
«Non posso…» sospirò. E mi tirò via.
Annaspai e ingoiai lacrime troppo amare."
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