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Scrittori: vampiri bisbetici.

Che razza atipica, quella dello scrittore.
Siamo lupi senza branco, noi che prediligiamo la solitudine e chiudiamo il mondo fuori.
In fondo ci piace stare soli, anche se ci è difficile ammetterlo.
Curioso però, che passiamo gran parte del nostro tempo a rifugiare la compagnia altrui, quando la scrittura stessa è un mezzo di interazione, di comunicazione. E’ sì, un soliloquio con noi stessi, ma finisce con l’esserlo nel momento in cui esibiamo i nostri pensieri. Non prendiamoci in giro: scriviamo per pubblicare, per comunicare, per condividerci.
Siamo maledettamente complicati. Siamo un intrico impossibile di pensieri indecifrabili. Non provate a capire uno scrittore, rimarreste con un pugno di mosche in mano. Lasciamo che le pagine, svolgano i nodi dei nostri pensieri.
La scrivania è il nostro tempio sacro e, non importa che sia in fine mogano tirato a lucido o un componibile di Ikea per il cui montaggio abbiamo tribolato, nominando a menadito tutti i santi del paradiso. La scrivania è il nostro altare, sul quale ci immoliamo, per amore della nostra dea. La scrittura.
Quando ci mettiamo all’opera ci sentiamo Michelangelo alle prese con la Sistina e dopo qualche rigo battuto con cieca ispirazione, torniamo a sentirci pincopalli.
In genere siamo dispensatori di ottimi consigli, perché noi ne abbiamo vissute di vite. Cento, mille vite di carta si sono susseguite sulla nostra pelle.
Eh sì, strana razza quella dello scrittore.
Siamo vampiri. Ma invece di suggere sangue da arterie pulsanti, saggiamo inchiostro nero e cupo, come la notte che culla le nostre veglie.
Sì, siamo vampiri perché siamo soliti non dormire. Cosa singolare, per i più. Ma per noi nottambuli affetti da scrittura e lettura compulsiva, il sonno è deleterio. Dormiamo solo quando le palpebre si serrano come saracinesche. Per il  resto del tempo, sogniamo, immaginiamo, creiamo.
Personalmente sono sempre stata consapevole della mia eccentricità, della quale sono andata fiera, esibendola come una coccarda.
Siamo scrittori per vocazione. Ci sentiamo destinati alla scrittura, come se essa ci avesse scelto e avesse infuso nel nostro primo vagito, l’eco delle parole che ci avrebbero accompagnato per tutta la nostra esistenza.
Siamo egocentrici il più delle volte, volubili, prosaici e dannatamente sopra le righe.
Per noi non esiste il dato oggettivo, tutto è visto in chiave personale. Sono i nostri occhi, il nostro cuore, a vedere e sentire.
Siamo bisbetici. Sì, che lo siamo! Quando scriviamo e veniamo disturbati, rispondiamo al sacrilegio inveendo come bestie sanguinarie. E dall’altra parte troviamo poveri cristi che rimangono con l’espressione tipica dell’urlo di Munch. Ecco, provate ad aprire la porta della stanza in cui uno scrittore è in fase compositiva. Maledirete il momento in cui avete mosso i vostri passi verso quella stanza.
Non tutti gli scrittori hanno talento, non tutti arrivano, non tutti resistono. Ma tutti sperano, si impegnano, sacrificano il proprio tempo, i propri affetti, le giornate di sole, solo per la scrittura.
Premiate l’impegno da noi profuso, leggendoci, criticandoci, odiandoci, amandoci.
Uno scrittore non è pienamente tale, se non ha un lettore al quale affidare il proprio cuore di carta. Noi abbiamo bisogno di noi e voi di noi. Chi fomenta l’immaginazione dei fanciulli se non gli scrittori? Una frase del film “Saving Mr. Banks” mi ha particolarmente colpito: “E’ questo che facciamo noi narratori, ristabiliamo l’ordine con l’immaginazione. Infondiamo speranza senza sosta.”


Immagine affissa alla mia porta. Credo di aver reso l'idea. ;)


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