La
melanconia viene perché si diventa grassi o perché piove da troppo tempo. Si è
tristi, ecco tutto. Ma le paturnie sono orribili. Si ha paura, si suda
maledettamente, ma non si sa di che cosa si ha paura. Si sa che sta per
capitarci qualcosa di brutto, ma non si sa che cosa.
Colazione
da Tiffany
Paturnie. Il
termine racchiude una gamma di sensazioni e stati d'animo propri di chi, come
me, è sull'onda di questo mestiere. Più che sull'onda, direi alla riva. O alla deriva.
Scrittura =
amore e dolore?
Eh sì. Per
quanto mi riguarda ha sempre rappresentato entrambi gli aspetti: l'amore più
cieco e puro, e un dolore che si annida dentro fino a costituire un secondo
strado dell'anima.
Perché
"paturnie di una (quasi) scrittrice"?
Perché quelli
come me in bilico e in perenne attesa, si portano dentro quel nodo, quel
groviglio tra lo stomaco e la gola proprio di chi ha la malinconia cucita
addosso.
Quanti di
voi hanno sognato di vedere i primi figli di inchiostro tra gli scaffali di una libreria?
Quanti hanno
desiderato di sentire il proprio nome sulla bocca di un lettore?
Quanto è
difficile emergere, oggi, in un panorama editoriale tanto vasto da sentirsi
sperduti?
Molto, in
effetti. Lo dimostrano i tanti anni di gavetta e paturnie che molti emergenti
portano sulle spalle, un'orda di "quasi" scrittori che lacrimano
inchiostro e sudano parole, sgomitano, tentano e ritentano fino alla
sfinimento.
Certo, per
qualcuno emergere è facile come uno schiocco di coda di tasso (concedetemi
questa citazione del film Legend),
ma non parlerò di questo argomento nel post di oggi.
L'idea della
rubrica Parole in disordine - Paturnie di
una (quasi) scrittrice nasce per confrontarci sui sempre più discussi temi
che gravitano attorno al mondo dell'editoria. Per scambiare pensieri, per
arricchirci.
Dopotutto, la crescita è anche nella condivisione.
Un bacio
d'inchiostro,
Alessia
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