Tornare a scrivere dopo tanto tempo è un po’ come tornare a innamorarsi. Spaventa, fa tremare le gambe, serra nodi alla bocca dello stomaco e fa passare la fame. È difficile ritrovare il coraggio e la costanza di prendere una storia, amarla, accompagnarla. Le dita indugiano sulla tastiera muta, le parole prudono sulla lingua in attesa di esplodere. C’è silenzio, raccoglimento, una forma di solitudine ricercata con disperazione e strappata al caos della vita. La prima parola del primo capitolo è come la posa di un mattone, il primo calcio in grembo di un bambino, la prima stella della sera. Il primo amore. E si ritorna sempre lì, perché la scrittura è amore. Se così non fosse ogni anno speso a tessere storie sarebbe stato vano, io sarei niente. Per questo ritorno sulla tastiera. Se non scrivo, sono niente.